da Ulpiano fino a JFK, dai dubbi ad un’inversione sovrana…
Veronese, Allegoria della Giustizia
«Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere.» (Ulpiano Digesto Trad. “La giustizia consiste nella costante e perpetua volontà di attribuire a ciascuno il suo diritto. Le regole del diritto sono queste: vivere onestamente, non recare danno ad altri, attribuire a ciascuno il suo”).
(aggiornamento 27 novembre 2023) “Sul Sole 24 Ore del 24 novembre 2019 Michele Ciliberto scrive del libro Elogio del diritto opera di due famosi autori come il prof. Natalino Irti, giurista e il prof. Massimo Cacciari, filosofo, anche del diritto. Da questa recensione prendo lo spunto per cercare di definire non tanto la definizione di Giustizia ma alcune sue tracce (im)portanti.
Nella recensione si scrive che l’opera, nella ” crisi in cui siamo immersi”, pone le domande della legge ingiusta e del fondamento del diritto. Nella recensione si evidenziano le domande che pone l’opera, si dà grande importanza al problema del fondamento del diritto, alla giustizia e si cita Dante che considera la giustizia ” virtù più amabile nell’uomo, che è più umana”. Si sottolinea che il problema posto meritevolmente dal libro è il destino dell’uomo. Irti e Cacciari si appoggiano anche ad un saggio di Werner Jaeger, scritto nel 1947 alla fine del secondo conflitto mondiale laddove si richiama l’Essere e l’ordine*. Alla fine della recensione si cita “uno dei grandi giuristi Capograssi” non in una delle sue risposte ma in una delle sue domande per sapere” con interiore angoscia che intorno all’idea di Giustizia il Nomos** della terra si può solo balbettare”. C’è una tensione viva nella recensione ma alla fine si rischia di ricordare solo il dubbio. Forse basterebbe per rispondere citare Ulpiano per un’antica definizione di Giustizia (dare a ciascuno quel che è suo, anche se per noi, dimenticando il contesto, si rischia di dare al “suum” una sfumatura solo patrimoniale). Oppure sviluppando l’indagine si può ricordare quanto scritto, incidentalmente dal filosofo del diritto Francesco D’Agostino, che è stato Presidente onorario sia del Comitato di bioetica nazionale sia, sempre in via onoraria, dell’Unione dei Giuristi Giuristi cattolici. Nell’introduzione alla sua Filosofia del diritto. D’Agostino ha scritto che il diritto ha in comune con la religione la ricerca di salvare una persona. Si può salvare una persona in molti modi, una modalità da completare con un comportamento complessivo, può essere il diritto. Nella recensione si indicano i problemi ma c’è il rischio di nascondere quello che tutti possono comprendere e, a furia di darlo per scontato, si dimentica. Nella recensione del libro di Cacciari e Irti, solo elencando i problemi, la loro storia, sottolineando domande, l’elogio del diritto, nella possibile giustizia, è intuibile ma non risulta pienamente giustificato, fondato. Altro è il discorso problematico sulla definizione di persona che va sviluppato ma con equilibrio, senza forzate concessioni a mainstream e all’ edonismo giuridico che non vede la vittima. Altro problema concreto è la fatica, la difficoltà di cercare di attuare la giustizia in una società liquida che ha perso le sue rotaie e il rispetto per coloro che cercano di ordinarla. Ma le rotaie ci sono ed emergono anche in articoli che rischiano quasi di nasconderli. Nel titoletto verso la fine si scrive di “domande cruciali che hanno percorso tutta la nostra civiltà a cominciare dal mondo greco”. Come ha mostrato il prof. Giuseppe Fornari nelle sue profonde analisi antropologiche e filosofiche, anche del mondo classico, la croce è la scomoda rivelazione del fondamento nascosto rispettivamente della nostra civiltà e della nostra cultura: per la civiltà è la vittima innocente, il capro espiatorio, per la cultura il sacrificio. Il fondamento quindi nella pratica ha tratti spesso mobili e frammentati ma c’è. Come ha ben evidenziato Piero Calamandrei, con una sottolineatura ignota a molti sedicenti cristiani, la croce, è rivelatrice del male subito dalla persona suppliziata, è criterio di giudizio fondamentale che, se ignorato, rischiamo tutti di accantonare. Lo stesso articolo del Sole ricorda che c’è un esigenza di giustizia e cita il grande poeta Poliziano. Alla fine nella recensione si scrive che bisogna svegliarsi ma non si indicano i criteri. Resta nel libro di Cacciari e Irti il dramma di un individuo non rassicurato dai “soccorrevoli dualismi del passato (legittimità e legalità, giustizia e legalità, diritto naturale e diritto positivo)”, dentro un nichilismo giuridico o “politeismo” che “può anche travolgerlo e schiacciarlo”. Interessante notare che Natalino Irti, dopo aver teorizzato il nichilismo giuridico, in alcuni articoli sul Sole 24 ore nel 2022 ha ripreso in mano la necessità di dare sostanza alle leggi con esigenze spirituali e radici culturali
Alcuni giuristi come Capograssi, Carnelutti,
Calamandrei, Cotta, l‘antropologo Girard, quest’ultimo dal 2018 entrato nella collana dei classici del diritto, possono ancora ricordare possibili criteri. Forse, al di là di ogni autorevolezza non sono tanto loro a fare la differenza ma uno spirito che converge e li attraversa, accolto nei loro scritti, quello che prima di chiedersi cosa gli spetta si chiede cosa lui può dare, vera Giustizia (in due parole una definizione che sintetizza e sviluppa il pensiero di Jean Guitton e Giuseppe Capograssi, una giustizia che segua la Giustizia divina mostrata sulla croce come compimento nell’amore fino alla fine). Sottolineò questa inversione un famoso discorso di J.F.K.: “non chiederti che cosa il tuo paese (n.d.a. la Giustizia) può fare per te, chiediti cosa tu puoi fare per il tuo paese”(n.d.a: per la giustizia). Sotto le immagini. Anche i greci si erano accorti di questa necessità come sottolinea al termine di questo video(al minuto 20) https://www.youtube.com/watch?v=uMCA93G5r80&t=432s il giurista costituzionalista e formatore Mauro Scardovelli. Contro l’hybris (l’arroganza) serve aidos (umiltà) e dike, la giustizia intesa da Scardovelli nel modo a cui siamo sopra idealmente arrivati. Qui in un altro importante video pedagogico Scardovelli critica il nichilismo giuridico: link al minuto 8 e 40
Forse sarebbe ancora da scrivere anche l’elogio di quei giuristi (o semplici difensori) di buona volontà i quali, pur nella loro fallibilità e inconsapevolezza, quando compiono, concretamente, nel quasi completo anonimato, anche nella professione, alcune buone azioni pratiche, realizzano e tutelano fondamenta che poi, spesso, si dimenticano. Quando, a differenza di quello che generalmente succede, un difensore riconosce, per alcuni aspetti, in una persona assistita la vittima innocente, impotente, nella sua fragilità, meritevole di tutela, e, nonostante le comuni fragilità, quando è il caso, persevera nella tutela, nonostante le sue incertezze, le difficoltà (e il metodo che applica per la sua salvaguardia), si crea una difesa eccezionale, uno stato di eccezione. Allora si può realizzare, anche secondo la definizione di Carl Schmitt, anche nel difensore illuminato e resistente, nel suo sforzo anche al di là della diligenza necessaria (comunque imposta dalle riflessioni di Mengoni a riguardo, poi assorbite dalla Cassazione) la sovranità, anche a livello personale. Consapevolmente o meno, chi difende la vittima lottando nella fatica e contro il mainstream, allora è animato dallo spirito di chi non era un re di questo mondo, di chi, spiritualmente, lo domina con un’altra sovranità. Sul piano teologico e politico forse allora svolgere in questo modo il proprio mestiere non è solo dare a Cesare quello che è di Cesare ma anche molto di più, in un percorso finora a tratti solo occasionalmente annunciato, anche da Capograssi. Si avvicina senza volerlo a quella vittima che nella sua innocenza è portavoce di novità assoluta, inconcepibile e inimmaginabile prima del cristianesimo. E si può accostare come ha fatto Carnelutti nella fase finale della sua vita
Arriva anche la sua costruttiva verità indicata da Hannah Arendt: il perdono, dalla croce verso i suoi carnefici.
I limiti e le circostanze che materialmente si pongono nell’esercizio della difesa indicano che bisogna non credere all’onnipotenza del visibile, c’è l’Habeas corpus ma ci sono anche le potenzialità antropologiche del Corpus Domini. Peraltro gli aspetti negativi sono spesso ingigantiti dalle limitate forze umane, dalla divisione e dall’invidia
*Antonio Rosmini constatava che “la giustizia violata brilla di una luce insolita”. E delineava la possibile natura di quella luce: “la Giustizia è l’ordine dell’Essere”. Sono 2 frasi potenti di incalcolabili potenzialità alla luce dell’ultima antropologia a cavallo tra il secondo e terzo millennio, antropologia che rende più concreta la natura dell’Essere, prossimo alla pietra scartata.
** la legge o lo spirito delle leggi
Uno spezzone del discorso di Kennedy del 2O gennaio 1961:
giorni: 25 novembre, giorno di difesa della donna, quando nel Vangelo si cerca una giustizia più grande di quella di scribi e farisei (“se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”Mt. 5,20), 1 luglio ( memoria di Antonio Rosmini)
stato articolo: work in progress