nella fiducia di Carnelutti
(aggiornamento 23 dicembre 2023)
Come aspettava il Natale il grande giurista Giuseppe Capograssi 100 anni fa?
Vediamo cosa scriveva alla fidanzata il 22 dicembre del 1923:
“la vita è sempre travagliata ma vi sono periodi in cui il suo travaglio è maggiore… è atroce…” ma “i giorni passano e con essi passano le lotte, i travagli e vien il buon periodo, il buon riposo, il buon bivacco nell’aspra marcia… e del resto anche nel periodo aspro, quanti conforti! Quanto conforto in ogni sia pur minima , partecipazione al mistero della croce! L’essenza del cristianesimo è questa, e in questa essenza, gli uomini ritrovano l’essenza della loro vita. Quale conforto partecipare alla passione di Cristo, con le piccole passioni, col piccolo patire dei piccoli uomini… Dunque nella vita c’è speranza”
In questo modo concreto si realizzava la speranza invocata 4 anni prima nel 1919
Capograssi mostrava molto realismo: constatava” i tempi del ritorno barbarico… un profondo squilibrio, una disarmonia interiore immensa… un mareggiare oceanico di passioni… che non riescono a trovare il loro assetto e appagamento”
Eppure Capograssi manteneva una certa speranza. Non è una speranza campata per aria ma nasceva da almeno cinque constatazioni:
1 Oltre i limiti violati potrebbe esserci “la necessità di un ritorno allo stato elementare dell’umanità, quando per lo meno le passioni sono sincere e le indoli sono schiette”. Come nell’antropologo Girard che richiama la parabola del Figliol prodigo c’è l’idea che l’umanità possa rendersi consapevole che, dopo aver violato certi limiti, ci sia un deserto senza significato e lo status quo ante con i suoi principi e qualche divieto sia preferibile all’attuale delirio di onnipotenza. E da lì possa ripartire, anche con gioia. Qui una delle ultime interviste del più grande antropologo del Novecento
2 In natura “quando la notte è fatta allora le stelle eterne si mostrano agli occhi degli uomini…
3 Così accade nella storia”. E Capograssi aveva visto l’Italia sollevarsi da Caporetto…
Accade anche ai nostri giorni quando vengono cancellati presepi e riti cristiani. Oltre il dispiacere immediato per il mancato richiamo ad una storia che ha segnato la storia e può insegnare a molti che la ricordano e vogliono approfondirla, chi ha occhi per vedere in profondità, può comprendere come togliere il Cristo dagli spazi significa anche crocifiggerlo un’altra volta come accade a tante persone perseguitate cancellate dalla cronaca. Si può allora trasformare questa ulteriore violenza di rimozione nel ridestarsi dal sonno, accorgersi delle vittime (peraltro con i loro limiti comportamentali) nascoste, esserne consapevoli. In quella rimozione c’è l’appello a far rivivere autenticamente l’esperienza cristiana, includendo il dolore di Cristo e di ogni povero cristo perseguitato e abbandonato che ci chiama. Nel nostro sdegno e nella nostra amorevole preoccupazione verso i poveri cristi che incontriamo nella nostra vita e che possiamo almeno ascoltare c’è un debole riflesso dell’amore del Padre, nel legno che sorregge la capanna c’è il Cristo e la Croce, la stessa che amava Calamandrei e che lui voleva mettere davanti ai giudici(per renderli consapevoli del rischio di condannare un innocente)… in questa visione, in questo dinamismo che inverte nella difesa e nella consolazione l’opera di rimozione c’è la Chiesa, c’è l’opera dello Spirito Santo, c’è la Trinità in atto. Il problema è accorgersi che il Signore è più grande di noi, esserne consapevoli, attraversa le nostre vite e le sostiene…(vale per chiunque, il respiro della vita lo riceviamo…) e comunicarlo partecipando al dinamismo trinitario, nella crisi, nello Spirito che si muove in modo controcorrente… allora potremmo vedere, appena dietro la mortificazione e la desolazione, non il presepe vuoto ma la tomba vuota… quella di un’altra festività, ancora più grande…
4 Capograssi aveva imparato da Dante l’arte di vedere e sperare:
"un privilegio delle persone di alto spirito di rendere alte e piene di profondo significato, tutte le cose che toccano, e tutte le idee che meditano.. viceversa una disgrazia delle persone volgari, di ridurre a banalità. trivialità, volgarità ...tutte le cose che toccano, e tutte le idee alle quali si accostano....
Una pupilla adusata a ai sereni e profondi spettacoli della natura e dello spirito, anche in mezzo alla volgarità non vedrà la volgarità, e riuscirà ad estrarre dalla volgarità, quella piccola favilla di luce e di vita che vi è dentro, e vi arde benché soffocata.
Uno spirito ristretto non avverte che la piccola lotta personale e passionale della superficie,
mentre Dante vede nel tumulto tragico della storia, il tragico e sereno formarsi di una civiltà superiore..." (Capograssi a Giulia 24.I. 1920)
Insomma in Capograssi c’è una consapevolezza e una speranza speciale, un’attesa fondata di chi sente veramente il bisogno e la possibilità che il suo tempo, come il nostro, sia visitato dal Divino. Il Natale è un evento anche storico di cui si fa memoria ma, secondo Capograssi e i migliori interpreti, continua ad accadere, dentro il tumulto e nonostante le volgarità.
C’è un attesa anche per Francesco Carnelutti: stando vicino all’ombra, all’oscuramento, attende e trova la luce: “L’anima di un avvocato assomiglia ad una terra arata affinché vi germogli quel seme… Il giudice alto sul suo stallo, guarda colui che deve giudicare da lontano. L’avvocato, collocato in basso, accanto a lui, lo guarda da vicino. Né si può stare vicino ad uno sciagurato, senza vivere, molto o poco, la sua sciagura… all’avvocatura io debbo la sfiducia nel giudizio, o la sfiducia nel diritto… insomma la sfiducia nel pensiero… ma insieme la fiducia nell’amore” (Francesco Carnelutti in Vita di avvocato p.7). Carnelutti chiarisce che non è il dolore di Cristo a definirlo ma l’amore di Cristo che implica, a momenti e tratti, come una cartina tornasole, anche la sofferenza. Ma così si definisce l’amore vero e la perfetta, francescana letizia.
5 Per chi sa attendere e guardare arriva l’alba, una realtà nuovamente illuminata. Capograssi nella lettera del 21 dicembre 1921 decanta questa bellezza del primo mattino: Giuseppe non può vedere l’alba in terre di Abruzzi, “meravigliosa di freschezza e splendore, sui monti bianchi di neve”, ma contempla l’alba romana dove le cupole ” sembra che abbiano perduta la loro apparenza materiale e terrestre , e siano divenute dipinte dalle mani dell’alba, cioè divenute e salite alle loro espressioni ideali”.
Per i giuristi: dentro la complessità delle procedure e le difficoltà per l’assenza di gerarchie e rispetto la consapevolezza di una visione propositiva è sempre possibile. Proprio la sofferenza che si vorrebbe evitare ma si è costretti a vivere aiuta a cogliere l’essenziale funzione del giurista, difensore e consolatore. Nel tempo dell’Avvento e in ogni attesa si possono anche far propri importanti suggerimenti dello stesso Capograssi e di altri importanti scrittori: qui sotto, con un video ed un audio veramente coinvolgenti:
9 Ritrovare il “qui e ora” nel “mentre”, nel tempo dell’attesa:
giorni: prima del Natale
Stato: revisione in corso nel 2023
Foto in apertura dal sito di Giancarlo Colombini